Tonino e la donna senza nome

Nelle ultime settimane a San Severo si è parlato della morte di due persone, un uomo e una donna. Del primo tutti sapevano tutto, della seconda non si sapeva niente, neanche il nome.

Il primo era Tonino Notarangelo, storico esercente dell’edicola, libreria, cartoleria di piazza della Repubblica, morto a 97 anni. Una vita passata tra libri e giornali, una presenza che ha accomunato diverse generazioni di sanseveresi. Da Notarangelo si andava con la lista dei libri scolastici a settembre, ma anche a comprare le figurine dei calciatori, i poponi, e se si cercava un libro per passare l’estate o da regalare a Natale, Tonino e suo fratello Lilino riuscivano a dare sempre qualche consiglio. A modo loro, hanno reso quel luogo della piazza centrale della città una sorta di presidio sociale e culturale.

Anche la donna scomparsa condivideva la vita con sua sorella. Insieme vivevano in strada a San Severo e in strada quella donna è stata trovata morta. Erano due sorelle senza dimora, in apparenza molto conosciute in città, così leggiamo nelle cronache, ma nessuno è riuscito a individuare il loro disagio e a fornire loro qualche risposta.

Accomunare queste due morti può sembrare una forzatura e non neghiamo che si tratti di vite (e di morti) molto diverse, ma, se ci fermiamo a ragionare un momento in più, possiamo vedere che in entrambi i casi si sollecita una riflessione sulla cura della città.

Oggi non sappiamo quale sarà il destino dell’edicola Notarangelo. È certo che lo stabile che ospita il negozio ha una notevole appetibilità immobiliare e commerciale e possiamo supporre che non mancheranno le proposte di acquisto o di gestione ai proprietari. Altrettanto certo è che la proprietà privata è inviolabile. Ma immaginare la milionesima pizzeria al taglio – per fare un esempio – al posto dell’edicola suonerebbe come la dismissione di un pezzo di storia della città.

La storia delle due sorelle senza dimora, invece, ci interroga sugli strumenti che abbiamo per dare una possibilità a chi vive una fase di disagio, temporanea o continuativa, che la costringe a una condizione di marginalità. Chi studia il fenomeno della povertà estrema dice che la vita di strada non si sceglie, ma si subisce, anche quando tutte le evidenze fanno pensare al contrario. Allo stesso tempo, anche chi vive in strada ha diritto alla dignità dell’accesso al cibo, alle cure mediche, all’esercizio dei propri diritti di cittadino.

Le storie di Tonino e della donna senza dimora e senza nome ci fanno pensare che è necessario uno sforzo di cura per immaginare un futuro per San Severo. Se ci piace immaginare un centro storico dove venga tutelata la diversificazione commerciale e i suoi luoghi di incontro e di presidio culturale, se pensiamo che sia inaccettabile che nella nostra città si possa vivere e morire per strada bisogna fare appello a un impegno comune di amministratori e di cittadini.

E se al posto dell’edicola Notarangelo ci fosse una libreria-caffetteria gestita da persone seguite dai servizi sociali comunali? Ma vedi cosa vado a pensare…
Eppure, quella che sembra solo una provocazione, si potrebbe realizzare in tre mosse:

  • Il comune prende in affitto i locali dell’edicola
  • Il comune indice un bando per cooperative sociali per la gestione di una libreria-caffetteria con una progettualità di animazione culturale e reinserimento sociale
  • La cooperativa che si aggiudica il bando opera come un’impresa e si fa carico parzialmente dei costi di gestione e di affitto dei locali

Non è fantascienza, anzi, come direbbe Gene Wilder “Si-può-fa-re!”


di Leonardo Tancredi


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