A volte ritornano

Antonella Gagliardi è una giovane professionista che dopo aver vissuto in diverse città europee è tornata nella sua San Severo. Laureata in Antropologia Sociale in Inghilterra, oggi lavora da remoto occupandosi di formazione in progetti europei. È anche parte del team di Giro Esterno Podcast, un innovativo podcast che racconta “la storia dei Sanseveresi”.

Com’è iniziato il tuo percorso fuori da San Severo?

Il mio viaggio è cominciato con Leeds, in Inghilterra. È stata la mia prima esperienza importante dopo l’università, avevo circa 21 anni ed ero molto curiosa di esplorare. Sono contenta che il mio primo contatto con l’Inghilterra non sia stato con Londra, che è piuttosto internazionale, ma con una città del Nord dove si poteva sentire molto di più la cultura inglese autentica.All’inizio, non conoscendo bene la lingua, ho lavorato nella ristorazione, facendo la cameriera e la barista in un pub. È stata un’esperienza intensa: quando non sai bene la lingua, questo impatta anche sulla tua capacità di dare il meglio sul lavoro. 

Dopo Leeds, quali sono state le tappe successive?

Dopo circa un anno mi sono trasferita a Londra, poi una pausa a San Severo. In seguito sono stata in Francia a Fontainebleau, appena fuori Parigi, e successivamente a Reggio Calabria per due anni, dove insegnavo inglese in una scuola privata. Il periodo a Reggio è stato particolare perché coinciso con il Covid.

Come descriveresti Reggio Calabria?

Dal punto di vista estetico, Reggio è bellissima: il lungomare è splendido, con il mare a due passi e l’Aspromonte alle spalle. Culturalmente, si trova vicino alla Sicilia e ha persino un’installazione di Tresoldi, lo stesso artista che ha realizzato la famosa cattedrale [a Siponto].Dal punto di vista sociale, però, ho fatto fatica a inserirmi. Ero principalmente nella cerchia degli insegnanti, quindi eravamo un po’ tra noi. Ho trovato la città piuttosto chiusa, anche se la gente era carinissima e accogliente.

In realtà la difficoltà d’integrazione è un’esperienza comune in molti luoghi, no?

Esattamente. Gli expat si lamentano sempre di quanto sia difficile integrarsi con i locali. Le frasi sono sempre le stesse! Anche a San Severo, comunque, i gruppi sociali sono già formati e siamo piuttosto abitudinari.

Dopo tutte queste esperienze all’estero, cosa ti ha spinto a tornare a San Severo?

In tutti questi posti che ho cambiato per motivi professionali, mi sono sempre chiesta: dov’è casa per me? Magari questo posto, o forse il prossimo, o forse una nazione a cui mi sento più vicina?La risposta, alla fine, era semplice: qui mi sento a casa per questioni affettive, sociali e identitarie. All’estero ho sempre avuto difficoltà a creare connessioni veramente soddisfacenti. Anche se il mio livello d’inglese era buono, mi sentivo limitata. Non riuscivo a esprimermi come volevo, mentre qui a San Severo, anche con una semplice battuta in dialetto, riesco a comunicare uno stato d’animo in modo immediato.

Di cosa ti occupi oggi a San Severo?

Lavoro da remoto, occupandomi di attività di formazione in progetti finanziati europei e nazionali nel settore manifatturiero. Mi occupo dell’analisi dei divari di competenze per le aziende che vogliono adottare soluzioni più innovative, come intelligenza artificiale, Internet of Things, automazione e robotica. L’organizzazione per cui lavoro mette in connessione imprese, centri di ricerca e università per lo sviluppo aziendale.

È un lavoro stimolante?

Molto! Vedi che c’è un’intenzione reale da parte dell’Unione Europea di innovare e rendere l’Europa più competitiva.
Sono tutti progetti che puntano su innovazione sostenibile, formazione e sviluppo tecnologico.
 

Lavorare da remoto ti dà molta libertà. Potresti farlo da qualsiasi parte del mondo?

Tecnicamente sì, potrei. Temporaneamente potrei lavorare anche da Rodi Garganico o altri luoghi per brevi periodi. Per trasparenza e questioni assicurative, però, è meglio mantenere una base fissa. Mi ritengo molto fortunata ad aver trovato un lavoro stimolante che mi permette di vivere a San Severo. Per me è davvero la combinazione perfetta.

Come vedi il fenomeno del ritorno al Sud? C’è un movimento in questa direzione?

Sì, e credo stia crescendo. Mi sembra ci sia un desiderio generale di tornare a uno stile di vita un po’ più calmo, che si concentri più sul sociale invece che sul “lavoro, lavoro, lavoro”. La nostra generazione ha ereditato una cultura del lavoro un po’ tossica, e siamo in bilico tra diverse priorità.

Parliamo di “Giro Esterno”. Come è nato questo progetto di podcast?

L’idea è partita da Salvatore Santacaterina, che ha sempre voluto fare qualcosa per San Severo. Inizialmente voleva creare un podcast con Anna d’Amico, poi hanno coinvolto me, Anna Tamalio e Chiara Cologno – siamo in cinque. Siamo partiti con la preparazione e siamo arrivati alla prima puntata quasi senza accorgercene.

Qual è l’obiettivo di Giro Esterno?

Credo che ognuno di noi porti un’intenzione diversa, ma ci accomuna il desiderio di fare qualcosa di positivo. Personalmente, vivendo a San Severo, mi sento responsabile nel creare qualcosa che possa portare beneficio alla comunità. Non voglio restare immobile.

Come funziona la vostra organizzazione interna?

 I ruoli sono ancora in fase di definizione. Anna d’Amico si è occupata della location e della parte tecnica, Anna Tamalio delle public relations e dei social media, Chiara Cologno della parte operativa e di assicurarsi che il team sia ben nutrito durante i nostri incontri ed eventi. Giro esterno ci tiene molto al cibo healthy! Tutti contribuiamo alla scelta degli intervistati, allo script e agli altri aspetti.

Foto di Cosimo di Pierro

E la location?
Grazie ad Anna siamo riusciti ad ottenere il supporto di Cantine D’Araprí, e la possibilità di utilizzare i loro locali nel centro storico di San Severo. La scelta di registrare le puntate di Giro Esterno con il pubblico è alla base del nostro progetto.
L’intenzione è quella di creare momenti di incontro tra persone, curiose di conoscere le storie dei sanseveresi, ma anche di conoscersi tra di loro, condividere nuove idee e spunti mentre si beve un buon calice di spumante.

Foto di Cosimo di Pierro

Avete in programma altri progetti oltre al podcast?

Per il momento ci concentriamo sul podcast, ma vorremmo usarlo come base per espanderci e creare altri rami di attività. Ci sono diverse idee, ma per ora preferiamo consolidare questo formato.

Come vedi San Severo tra dieci anni?

Mi piace l’innovazione nella promozione culturale del territorio che sta emergendo. Penso alle iniziative nelle scuole con laboratori di intelligenza artificiale e realtà aumentata – questo aiuta a contrastare la narrativa che San Severo resti indietro, ancorata al passato.

Ho la sensazione positiva che ci saranno persone che torneranno, perché c’è un desiderio generale di uno stile di vita più calmo. Prevedo un ritorno e più iniziative che possano coinvolgere le persone e dare un’immagine più positiva della città.

A poca distanza da San Severo c’è un campo di lavoratori agricoli immigrati, fino a 2.000 persone, completamente tagliati fuori dalla comunità. Come si potrebbe affrontare questa situazione?

Ci sono vari aspetti da considerare. Si potrebbe partire con attività più “superficiali” come un festival culturale che celebri le diverse culture, creando un’occasione di informazione e integrazione.

Ma è fondamentale anche capire lo stato degli alloggi e dei servizi, coinvolgendo le istituzioni per assicurarsi che i bisogni primari vengano soddisfatti in modo dignitoso. Purtroppo, le associazioni che si dedicano a queste tematiche sociali spesso hanno pochi fondi, nonostante ci sia la volontà di fare.

È una zona difficile da accedere, quasi intoccabile. Ma considerando che San Severo sta perdendo abitanti a ritmi vertiginosi – da quasi 60.000 a 49.000 in pochi anni – con un’età media in costante crescita, questa comunità di giovani lavoratori rappresenta una risorsa che non dovrebbe essere ignorata.

L’idea di Andiamo! è anche di usare meno i social e leggere un po’ di più. Tu cosa leggi? Hai libri da consigliare?

La miglior difesa. La nuova scienza del sistema immunitario di Matt Richtel, scrittore e giornalista americano. Il libro esplora il sistema immunitario umano attraverso la storia dell’immunologia e diversi casi studio, utilizzando un linguaggio medico-scientifico ma accessibile. Mi ha fatto capire ancora di più quanto il corpo sia una macchina così sofisticata e complessa.


Per la narrativa, invece, consiglio la mia ultima lettura: Julia di Sandra Newman, una reinterpretazione di 1984 di Orwell raccontata dal punto di vista di Julia, l’amante del protagonista Winston Smith.


Infine, mi sto appassionando a serie di romanzi italiani di genere poliziesco e investigativo, come il Commissario Montalbano di Andrea Camilleri, Rocco Schiavone di Antonio Manzini e la serie dell’avvocato Guido Guerrieri di Gianrico Carofiglio


Antonella Gagliardi, antropologa, professionista della formazione, parte di Giro Esterno Podcast. Su Andiamo! ha pubblicato Una piazza che vive.


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